Rime di 'io'

Trovate 390 rime per io

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piopio
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brusio
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disio
disvio
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fottio
friggio
frignio
frizzio
frullio
fruscio
girio
giudio
giulio
gnaulio
godio
gracchio
graziaddio
gridio
iddio
invio
lagnio
lavorio
leggio
limio
natio
obblio
oblio
oddio
ombrio
pendio
perdio
pestio
picchio
pigio
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raschio
raspio
ratio
ravvio
restio
ricrio
rinvio
ripicchio
ripigio
rodio
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ronzio
rullio
sbacchio
sbracio
sbraitio
scagnio
scancio
schiancio
schifio
schioppettio
sciacquio
sciupio
scolio
scotio
sentio
sfruscio
sgancio
sgrondio
sonio
spennazzio
squittio
stallio
stantio
stonio
stridio
struscio
svilio
svolio
tardio
urlio
vocio
zirlio
zittio
abbaglio
abbaio
abbriglio
abbrustio
acciarpio
accordio
acherusio
affario
annaspio
archeggio
armeggio
arpeggio
arruffio
baciucchio
balbettio
balenio
barbaglio
barcollio
becchettio
bendidio
bettolio
biascichio
bisbiglio
bisticcio
bofonchio
bollichio
borboglio
borbottio
brancichio
brividio
brontolio
brulichio
bubbolio
buggerio
buscherio
buzzichio
calpestio
cancellario
carreggio
chiacchierio
chiocchiolio
chioccolio
ciambolio
ciangottio
cicalio
cigolio
cincischio
cinguettio
ciondolio
clicchettio
congestizio
crepitio
crocidio
cuoio
diascolio
diavolio
dimenio
dondolio
eziandio
favellio
fermentio
fischiettio
folgorio
fracassio
frascheggio
frastornio
fulminio
gagnolio
gemitio
gemizio
gesummio
girellio
giuraddio
gloglottio
gnomologio
gocciolio
gorgheggio
gorgoglio
gracidio
grandinio
ingombrio
lamentio
lampeggio
lavorio
letichio
litichio
litighio
logorio
luccichio
lucciolio
luminio
macinio
malmenio
martellio
mescolio
metroscopio
miagolio
mormorio
mugolio
palpitio
paratio
parlottio
passerio
patassio
pencolio
pesticcio
picchiettio
pigolio
pispiglio
pispillio
poffardio
polverio
pregaddio
pregadio
punzecchio
rantolio
razzolio
remeggio
repetio
ribollio
rigirio
rigorgoglio
rimbombio
rimenio
rimestio
ripetio
ristropiccio
romorio
rosicchio
rosichio
rotolio
rovinio
rovistio
rumorio
ruzzolio
saltellio
santiddio
sbaccanio
sbaciucchio
sballottio
sbalzellio
sbatacchio
sbracalio
scalpiccio
scalpitio
scampanio
scarpiccio
scarrozzio
scatenio
scegliticcio
schiamazzio
sciabordio
scialacquio
scintillio
scioperio
sciupinio
scompiglio
scoppiettio
scricchiolio
sdrucciolio
semidio
seminio
senzadio
serpeggio
sfarfallio
sfavillio
sfolgorio
sfrigolio
sghignazzio
sgocciolio
sgominio
sgretolio
sibilio
singhiozzio
singultio
solatio
sparpaglio
sperperio
spiaccichio
spicinio
spittinio
spolverio
spruzzolio
squittinio
starnazzio
strascichio
strascinio
strepitio
strimpellio
stritolio
strofinio
strombettio
stropiccio
stupefaccio
sussurrio
susurrio
sventolio
svolazzio
tacchettio
tempestio
tentennio
ticchettio
tintinnio
traballio
traccheggio
trambustio
tramenio
tramestio
tramutio
trapanio
trapestio
trascinio
tremitio
tremolio
tremotio
trepestio
trimpellio
turbinio
uggiolio
vellichio
vivaddio
volatio
zampillio
zoccolio
zufolio
abbaruffio
abborraccio
acciabattio
acciottolio
accogliticcio
affastellio
allucciolio
antirollio
baluginio
canterellio
dirugginio
divincolio
domeneddio
domineddio
dominedio
formicolio
gesticolio
iradiddio
parapendio
patriarchio
pettegolio
piagnucolio
rammarichio
rimescolio
rivoltolio
scampanellio
scarrucolio
scatenaccio
scodinzolio
scombussolio

500 endecasillabi classici rimano con io:
e benché in terra e'n ciel nota son io,
e con parlar ingiurioso e rio
Sempre poi col suo drudo in biasmo mio
Quivi appoggiato ad un troncon di faggio
ch'alo spuntar del mattutino raggio
Nel proibito altrui bosco selvaggio
gli faccia il proprio mal porre in oblio,
quinci a pregarla supplice sen gio,
l'innamorato e desperato dio
ma perché colma d'ostinato orgoglio
spesso a narrar ne viene il suo cordoglio
- È ver (dicean) che da che Circe in scoglio
de' naviganti stupidi il viaggio,
avrà l'essequie il maggior dio selvaggio
col vel s'asciuga de' begli occhi il raggio
quant'ira, quant'orror, quanto scompiglio,
e del barbaro poi farsi vermiglio.
a quel tragico mar rivolse il ciglio
acqueta il duolo e seguita il viaggio.
da cui dee propagarsi il suo legnaggio,
e di Tenedo, sacra al biondo Dio,
e di quel volto candido e vermiglio
né molto andrà che'l sol del suo bel ciglio
Minaccia al bell'Adon mortal periglio
un tesse un nodo, un altro ordisce un laccio,
chi fiamme accende e chi vi mesce il ghiaccio;
qual va con cetra e qual con arpa in braccio;
giudice l'occhio e consiglier lo specchio.
fa de' fregi del collo e del'orecchio
con riguardo procedi e con consiglio.
ed almen nel'esporti a tal periglio
Sien le tue reti e i lacci tuoi, ben mio,
Se di caccia o di preda hai pur desio,
Non voler, prego, ah, non voler, per dio!
destin mi faccia ingiurioso e rio
il ciel di me si scordi; o se pur io
Poi segue: - Se giamai porrò in oblio
ben sei figlia del mar, nata di scoglio. -
Crudel, se non ti move il mio cordoglio,
scior del'amore e dela vita il laccio.
al caro Marte tuo ne torni in braccio.
mi va per entro il petto un freddo ghiaccio.
Questo picciol ristoro al gran desio,
ma come vive il ver nel petto mio,
Non cancelli o disperda onda d'oblio
or mi sento morir perché le veggio.
ch'oggi la mia salute è per mio peggio.
Se vuoi dal popol tuo fedele e pio
non è forse tuo tempio il petto mio?
Se di votivi onori hai pur desio
Non di cristallo no segue uno specchio
e v'ha tra lor del più purgato e vecchio
Poi da credenza un barbaro apparecchio
Vie più ne' giochi delo dio vermiglio
l'armi adoprar di Venere e del figlio
Meglio saprà con quel suo bruno ciglio,
e qua ne venni al mio terren natio
Ma come prima il vostro editto uscio,
Questi in Arabia vive, ove ancor io
e bestemmiando del'alato dio
dela rabbia paterna infuor gli uscio
Levossi il semican superbo e rio
in cui, qual pittor saggio in breve foglio,
scusar lo deggio e perdonar gli voglio,
Ma se col fasto eccede e con l'orgoglio
ben mostra altrui che di tal bestia è figlio.
Armato poi le man d'acuto artiglio
fresca fioria la porpora di maggio;
uscia d'un bel seren tremulo raggio;
di fanciullezza in gioventù passaggio;
pari ala fellonia mandi lo scempio,
torre il diadema e consegnarlo al'empio.
giacea lo stuol che custodiva il tempio,
quando v'entrò d'ogni beltà l'essempio.
il senato con gli altri uscia del tempio
e seco il parlamento e'l baronaggio
le notturne rugiade il primo raggio,
e'nsu le mosse il sol del gran viaggio,
perché là dove ha primavera il seggio
- Due son l'eccezzion (disse) ch'io veggio,
con la rosa purpurea il bianco giglio;
dolcemente gl'incarna un bel vermiglio,
gli occhi ha dipinti e tutto nero il ciglio.
cela pronto discorso, alto consiglio.
Spesso grave sembiante e basso ciglio
laqual del sangue sol cede al'intaglio.
di quella gemma un lucido fermaglio,
o non l'ha ancor prodotto uman legnaggio,
s'ella non vel concede, alcun vantaggio.
per venir quantoprima al gran paraggio,
Render a Citerea grazie ed al figlio
osando andar contro il divin consiglio
- Molto del vostro ardir mi meraviglio,
e de' riti sollenni il culto pio,
ala madre assegnò del cieco dio
con cui commesso di lavor posticcio
per l'orlo esterior serpe un viticcio
In trenta merli di fin or massiccio
tosto fu d'ordinar preso consiglio
Perché dapoi che'l re senz'altro figlio
Dopo costoro, in abito vermiglio,
tra duo sessi diversi il bosco e'l tempio.
e fanno in parte differir l'essempio
chi di scettro e diadema ha pompa e fregio;
l'onor ragguaglia imperiale e regio.
dell'impero e del regno il nome e'l pregio,
Finch'essali lo spirito vogl'io
Ambizion non nutre il petto mio,
Più non presumo, i miei desir desio
Ecco Ciarlotta sua che fa passaggio
Elena, nata del real legnaggio
Ecco poscia Giovanni in maritaggio
contendean fra sestessi il bel maneggio.
e ciascuno aspirando al sommo seggio
dir possiam ch'io sia tuo, che tu sia mio. -
Il nostro è nostro e qui né tu né io
cenno le fece e l'avertì col ciglio.
quando di tanto mal pietoso il figlio
se scorgo nel tuo volto il sangue mio?
e come, oimé! non sospirar poss'io
Fuor dela verde sua spelonca uscio
dal diletto rapiti e dal desio,
Così diceano e i fauni al mormorio
Dal'una al'altra aurora ingombro ed empio
qual'egli mai più dispietato scempio
O memorando o miserando essempio
più crebbe in me timor, crebbe desio
gli servì di faretra il petto mio.
ch'ale leggi ubbidir del cieco dio
si ponno anco fuggir col buon consiglio;
del camin natural chiudere il ciglio.
d'aver tosto a passar grave periglio
e che per violenza un mostro rio,
e trovò ch'è prefisso al viver mio
Fu chi mi disse astrologando ch'io
o nulla più temer quasi di peggio.
Piacemi intanto nel suo sacro scoglio,
e poiché'l ciel m'ha qui guidata, io voglio
Ma de' suoi flutti il tempestoso orgoglio
parea di madre tal ben degno figlio.
che, benché il sonno gli occupasse il ciglio,
ascoltatrici e spettatrici io voglio.
voi sol de' miei dolor, mentre mi doglio,
d'altra luce maggior l'ombra vagheggio.
non è già questo che levarsi or veggio,
del dì novello e del novello maggio,
salutava d'Apollo il primo raggio,
svegliato alfin del rossignuol selvaggio,
ma divenir carnefice non voglio.
Punir devrei l'offesa onde mi doglio,
s'ov'abonda ragion, manca consiglio?
Misera, a qual partito omai m'appiglio,
Occhio non fu sì barbaro ch'un rio
Nel sen di lei con umil gesto e pio
Teco in belle ragion garrir non voglio,
- Publicar chi mi sia di rado io soglio,
Così parlava il brun, né senza orgoglio
che trasse il tronco d'un robusto faggio
scagliò contro Sidonio, ilqual fu saggio
Un daino a prima giunta il fier selvaggio
che gli fu poi cagion d'alto periglio.
Poco accorto pensier, sciocco consiglio,
palesar non ardisce il suo legnaggio.
e dubitando pur d'alcun'oltraggio
veggio in altra prigion con altro laccio.
fatta il volto di foco e'l cor di ghiaccio,
io repente al mio ben son colto in braccio,
Ed io, ch'era vicin, le rispos''io'.
lassa, chi fia che tempri il dolor mio?'
Spesso alberga umil servo animo regio,
o come altrui non sia tesoro e fregio
Come valor non sia né vero pregio
mostrano altrui del ritornato figlio.
Ne fan festa i duo vecchi e lieto il ciglio
(rispose) a compiacerti io m'apparecchio;
il semplice e d'aver cupido vecchio.
stupido, al mio parlar diede l'orecchio,
mentre infermo giacea dal gran viaggio,
a caso riparò nel mio villaggio;
peroché'l negromante esperto e saggio
il giardinier del paradiso mio.
ed ecco in breve uscir quindi vegg'io
con vil corda a traverso un zanio allaccio.
calzo sordide cuoia e sotto il braccio
Modo trovar non so, mezzo non veggio
per la fenice mia Fenicia oblio.
Patria non curo e, fatto egizzio anch'io,
valse allor punto ad affidarmi il tempio.
né dal tuo nodo ingiurioso ed empio
né men ch'egli di lui, venne in desio
A questo favellar cortese e pio,
che può da Marte mai temer di peggio?
se con Fortuna e con Amor guerreggio.
possa l'esca appressar del'ardor mio.
ancora intenerir non vi vegg'io?
di chi vi prega al fervido desio?
ch'oggi col core e con la man ti faccio;
voli sciolta (dicea) dal caro laccio,
il bel busto stracciato ei tolse in braccio:
solo fiorir senza la rosa il giglio.
e nel volto già candido e vermiglio
minacciando spirò l'ultimo orgoglio.
con atti di furor, non di cordoglio,
Cadde e caduto ancor mostrò quest'empio
l'alterigia mortal, che giusto scempio
Ed ecco alfine il fin, prendete essempio
né stette saldo il sempr'immobil cerchio.
Tremaro i poli al'impeto soverchio
il cielo e'l sole e la Natura e Dio.
va bestemmiando in suon rabbioso e rio
siché del fido amico il colpo pio
O la fretta soverchia, o il caso rio
come il servo dicea, crescean periglio.
e i foschi orrori al'orrido scompiglio,
scaccia ogni requie dalo stanco ciglio.
per trovar al suo mal qualche consiglio
continovando il misero viaggio,
lo scampa poi del predator selvaggio.
che far al nostro Adon vogliono oltraggio.
Far devrebbe non men corona e fregio
ch'aver con procacciar da quelle il pregio
Vuolsi più tosto con qualch'atto egregio
l'Insolenza, il Terror, l'Onta e l'Oltraggio.
Lo Scherno è seco e seco ha per viaggio
quelche vuoi, quelche deggio e quelche soglio. -
- Oltre via, farò pur (soggiunse Orgoglio)
So le tue forze, il tuo valor ben veggio,
d'orso la branca e di leon l'artiglio.
traverso il guardo e nubiloso il ciglio.
dela Superbia e del Furore è figlio.
Ed ecco vede poi lo stuol malvagio
quasi infelice ed orrido presagio
Ode intanto sonar tutto il palagio
altrui gradito e me tradito io veggio.
là dove in quel bel sen che fu mio seggio
non cede intutto ancor gli occhi al'oblio,
qual fende l'aria e qual diguazza il rio;
fan mille scherni al bellicoso dio;
quando trovò sotto un ombroso faggio
stanco, ma quasi a fin di suo viaggio
Fuggito Adon lo scelerato oltraggio
n'ebbe la fata allor, non so dir io.
fu fabricata dal medesmo dio.
permette il ciel che si promette l'empio.
Ma non tutto quel male e quello scempio
e'l collo almen desvia da quell'impaccio,
per annodarlo in amoroso laccio.
mentre ragiona insu la spalla il braccio
più che'n mestessa, anzi pur te son'io.
Chiedilo a te, peroché'n te, cor mio,
Ecco mi toglie il desiabil raggio
Ma tua tutta è l'ingiuria e tuo l'oltraggio
del crudo Idraspe il temerario orgoglio.
forte accresceagli al cor pena e cordoglio
l'inessorabil tuo diverrà pio.
credimi, il primo ardor posto in oblio
che non s'adempia mai del tuo cor empio
ch'osò con strano e non udito essempio
Permette il giusto ciel per questo scempio
né men crudel ch'al'alma al corpo mio,
e per un curioso e van desio
E poiché tu con fiero abuso e rio
Godan quegli occhi che velati or veggio
del'Orror, del Silenzio e del'Oblio;
umida madre del tranquillo dio,
vi distempra confusi in un miscuglio.
e i sudori del sol, quand'arde luglio,
guerreggia l'odio suo con l'amor mio.
né di voglia cangiar mi voglio anch'io.
pertinace rigor, fermo desio.
libero fuor di quel noioso impaccio:
che ritrovarsi ad altra donna in braccio.
preso rimane o pur qual damma in laccio.
che porranno ogni studio, ogni desio
d'altro pregio maggior che non son io?
a disporre il mio cor, s'ei fusse mio.
quando avrebbe a pietà mosso uno scoglio
Ma che sia crudeltà creder non voglio
E l'abbandona ancor in quel cordoglio
rasciuga il pianto e rasserena il ciglio. -
Sappi esser saggia e con miglior consiglio
vinci la passion, doma il desio.
sostien, s'ami ch'io t'ami, il partir mio.
tragga e prendi da me l'ultimo a dio.
del chiaro ingegno e del costume regio.
ch'oscurar ne devessi il lume e'l pregio
dolce ben, dolce mal, dolce desio.
fonte d'ogni mia gioia, unico mio
temprar lo sdegno e moderar l'orgoglio.
ancor devresti al mio mortal cordoglio
e'n suon piano e sommesso: - Io mi son io. -
s'avea del sonno il natural desio,
quasi riscosso da celeste raggio
che, smarrito d'onor l'alto viaggio,
tal proprio, a quel parlar verace e saggio
odi, ti prego, il mio fedel consiglio.
correr per via sinistra alto periglio,
costei con torto sguardo e torvo ciglio
ma qual egro assetato, amo il mio peggio. -
Cor mio, deh, non amar. Quest'amor mio
io frutto alcun non spero e non desio;
È gentil cosa amor. Ma qual degg'io
serpe la fiamma ond'io mi stempro e sfaccio.
che'nfiamma e strugge ed io tremando agghiaccio.
pur congiunto al piacer sento il cordoglio.
Diletto esser non può, poich'io mi doglio,
aspro di gemme e d'or l'aggiunge pregio.
intorno al'orlo un triplicato fregio
fa vago padiglion verde coverchio.
Ai seggi che coronano il bel cerchio
disse Silvania, e seguitò'l viaggio.
non impedir nostro fatal passaggio.
minacciose a formar d'uman linguaggio.
pur non ricuserà, se'l comand'io,
pende in ogni atto suo dal cenno mio;
di contentarmi almen mostra desio
non sa ne' dubbi suoi prender consiglio.
ed or volta al'amico ed or al figlio
del pescatore assiderato il braccio
toccando l'amo e penetrando il laccio,
ch'ha vigor di velen, rigor di ghiaccio,
di malefica luce infausto raggio?
e qual dove son io, può farti oltraggio
Ma non so se la vita al fato rio
Guardati pur dal bellicoso dio
Nel tempo dunque che t'accenno or io,
e con quell'armi, ond'io trionfar soglio,
con cui più d'uno stile in più d'un foglio
Sveller però per celebrarla io voglio
dimostri animo invitto e lieto ciglio;
lo scettro franco e ceda il trono al figlio
pria che, cresciuto il pargoletto giglio,
che già mostro ti fu nel'altro cerchio.
Ragionarti di ciò parmi soverchio,
degli scogli e del mar rompe l'orgoglio;
mar di prudenza e di fortezza scoglio,
di bontà sole e di giustizia essempio,
cede il fren del discorso al dolor empio;
dopo l'orrendo e scelerato scempio,
reverenti ambedue volgono il ciglio,
del sangue d'Ocno a genitore e figlio.
che, come il volto, ha l'abito vermiglio;
di grazia e di virtù limpido speglio:
del fior d'ogni beltà la cima e'l meglio,
ti fia principe e padre e padre e figlio!
Spagna, costui con l'armi e col consiglio
del famoso Quirin l'alto legnaggio;
e di sua luce un segnalato raggio.
e porta in pace il vergognoso oltraggio,
del'età ruginosa unico pregio,
e del sesso imperfetto eterno pregio,
ch'accoppia a regio scettro animo regio,
e che, quando l'alato e cieco dio
La sollecita dea, cui del desio
e del provido ingegno e del bel ciglio?
Che non può l'alta grafia e'l buon consiglio
il cui sommo valor farà dal giglio
signor degno di scettro, il cui consiglio
O del Rodano altero inclito figlio,
O dele glorie mie colonna e seggio,
Languir per lei d'amor mill'alme veggio,
stempra gli smalti col benigno raggio,
vince parlando ogni rigor selvaggio,
Per questa il mio reame il suo legnaggio
Ell'è Ciarlotta, ardor del regno mio,
di benigna letizia un raggio pio
Più oltre, o che divin volto vegg'io,
per restringer gran massa in picciol fascio.
senza mill'altre ancor, che ne tralascio
tien nela destra il ferro ancor vermiglio,
del mio ramingo ed agitato figlio
L'altra, ch'alquanto ha turbatetto il ciglio,
Cupido di penar rende il desio
fa subito ogni mal porre in oblio,
Un sol guardo cortese, un atto pio
Pur se del'opre tue nel cantar mio
ma le penne al'ardir, l'aure al desio
Troppo audace talor tento ben io
illustrar l'ombre altrui col proprio raggio.
sdegnar non dei, ch'è gloria e non oltraggio
insieme incatenar la palma e'l giglio;
stringe del re de' monti al maggior figlio.
e'n sembiante ne viene augusto e regio
quegli è Vincenzo, il giovinetto egregio;
la sovravesta, è di Niverse il pregio.
d'alta prodezza ad appiccar nel tempio.
indi mandargli per eterno essempio
e l'Ordine confuso è dal Periglio.
battuto dal Timor cade il Consiglio
S'altri talor nel'orrido scompiglio
vedil vibrando aprova il ferro e'l ciglio
Tutto del sangue ostil molle e vermiglio
l'occhio ala palla, al suo parlar l'orecchio,
per risguardarla un commodo apparecchio.
più che lucente e ben polito specchio
che copre il tutto di perpetuo oblio.
alfin le porta ad attuffar nel rio
nel cui mezzo sorgea nobil palagio,
e in un gran pian si ritrovaro adagio
la noia alleggeria del gran viaggio.
Intanto, parlator facondo e saggio,
l'occhio nel ventre e nel bellico il ciglio.
altri ha piè d'oca e di falcone artiglio,
Tacquesi e lungo un tortuoso rio
- Oimé, non stiam più qui, lasciam per Dio
ch'innanzi agli occhi gli sostien lo specchio.
Vedi la Verità, figlia del vecchio,
può di chi tutto può vincer l'orgoglio.
così, chi'l crederebbe? un fragil foglio
dimmi il perché; tra mille dubbi ondeggio,
D'alcune ombrose macchie impressa io veggio
di que' sospiri ond'io per te mi sfaccio. -
che m'han tutta di fuor sparsa di ghiaccio,
bagnata il sen col suo bel foco in braccio.
del vulgo degli augei favola e fischio.
Tacque alfine e fuggi non senza rischio,
che darà legge al mar dove nacqu'io.
degna più ch'altra assai del favor mio,
tremerà tutto e correrà periglio.
fia temprato di bronzo, armar l'artiglio.
il tripartito folgore vermiglio,
non tuffa in torbid'onda il chiaro raggio,
né dei d'ombra o di sol temere oltraggio.
fior, pupilla d'Amor, tesor di maggio,
Talché d'ogni divisa il vario fregio
mischi di più color ma d'egual pregio
Per distinguer l'imprese il fabro egregio
dela gran conca reggono il coverchio.
e scalze e mezzo ignude accolte in cerchio
fatale elezzion l'animo mio
che rapiscono i nomi al cieco oblio
Negar non voglio né negar poss'io
più dura al mio pregar di questo scoglio,
io di mia mano imprigionar la voglio.
deporre alquanto il dispietato orgoglio;
dela casa d'argento appanna l'uscio.
comprimendo gelosa il proprio guscio,
queste per barca e carro ancor vols'io.
Queste diero la cuna al nascer mio,
Così grato esser volse al biondo dio
la madre del silenzio e del'oblio,
ride in braccio ala vite il lieto dio,
del bel pianeta al fuggitivo raggio.
che garrisce le stelle e dice oltraggio
opprime i sensi un dilettoso oblio.
di profondi sospiri un mormorio.
quel sommo del piacer, fin del desio.
l'alma mia con la tua copula il bacio.
e mentre tu ribaci ed io ribacio,
s'è diviso in duo petti un sol desio
se quanto aggrada a te, tanto bram'io
Or se risponde il tuo volere al mio
la bella fiamma mia mi guizzi in braccio. -
fia che nela stagion contraria al ghiaccio
Videsi di dolcezza ancora il faggio,
peroché'l sol con curioso raggio
Copriala aprova ogni arboscel selvaggio
di sua mano a raccorlo il cieco dio,
senon sene sentisse il mormorio.
per torto solco il picciol corno un rio.
che raccolga da lor frutto d'essempio.
altri forse sarà men fiero ed empio
abbia punto a giovar quelche cant'io;
favorevoli orecchie al cantar mio.
in cui ferve d'amor dolce desio,
di liberargli dal noioso impaccio.
vuol ch'ivi al drudo suo si resti in braccio.
né scioglie il nodo, né rallenta il laccio
e, poiché ride ognun, ridere anch'io'.
Voglio la parte aver del piacer mio
che, quando al troppo ardito e poco saggio
quanto per vendicar con tale oltraggio
Non fu già tanto il Sol col divin raggio
punge, fuorché te sola, ogni altro dio.
In questo libro, che qui meco ho io,
né sentir ne devria sdegno o cordoglio,
si tenga del mio dir, scoppiar non voglio;
Poi di vergogna, il semplicetto giglio
Libollo, e con dolce atto e lieto ciglio
La bella dea, di nettare vermiglio
s'incontrava e rompea raggio con raggio.
e con lucida ecclisse e senza oltraggio
e s'altera ogni stomaco ch'è sazio,
già gravide di liquido topazio;
non facciano del cantaro alcun strazio,
e versino dolcissimo profluvio.
che stillano Pausilipo e Vesuvio.
tracannino di nettare un diluvio.
con numeri poetici un encomio.
e cantino a Cupidine ed a Bromio
non senza alto dolor soffron l'oltraggio.
e s'odon favellar greco linguaggio.
sentesi palpitar spirto selvaggio.
ornò'l natio di peregrino fregio.
con innesti ingegnosi aggiunse pregio,
par voglia d'arboscel farsi palagio.
che, per dar agli amori albergo ed agio,
Occhio ha ridente, atto benigno e pio,
non sorse in piè, ma del suo fior natio
Tosto che'n luce a poco a poco uscio