200 personaggi in cerca d



Se regolate la sintonia della vostra radio sulla stazione semiunderground wyyy-109 del Massachusetts Institute of Technology, per un’ora, dal lunedì al venerdì, alle 00.00, potrete ancora sentire la mia voce registrata nel buio totale, la voce di Madame Psychosis. Per contratto, cinque minuti di vuoto precedono i miei monologhi fiume sul cinema. Ma se non vi piace la radio, venite a trovarmi alla Ennet House, una casa di cura per tossicodipendenti. Il mio vero nome è Joelle Van Dyne. Sono sempre stata una ragazza sfigurata dalla bellezza. Ho lavorato nel cinema, fino ad avere la parte della Più Bella Ragazza di Tutti i Tempi, la protagonista di Infinite Jest IV e V, un film così divertente da uccidere i suoi spettatori, l’equazione perfetta tra intrattenimento e piacere. In famiglia ero figlia unica e avevo il soprannome di Pookie o Putti. Ma ora porto il velo di lino dei membri dell’Unione Deformità Repellenti e Improbabili, un’organizzazione di autoaiuto presente in tredici paesi. Il velo mi permette di nascondermi apertamente e di uscire dal circolo della vergogna; quando piove dà un alone latteo alle cose, vizia il respiro e manda un odore speciale.
Ho subito un trauma facciale irreversibile il Giorno del Ringraziamento in cui mio padre, il mio Babbo chimico che lavorava in un’azienda di reagenti del Kentucky e per sei estati di fila mi ha accompagnato in macchina a tutte le gare per majorette juniores del Mid-South, dichiarò di amarmi di un amore impossibile e morboso, e mia madre, una donna devota che aveva paura dei luoghi pubblici, gli tirò addosso una fiaschetta di Pyrex, un acido corrosivo, colpendo me al suo posto, poi andò a casa e si suicidò con un elettrodomestico, infilando le braccia in un tritarifiuti.
Per la verità, anch’io sono sempre stata prossima al suicidio e una volta ci ho provato in un bagno, con il crack, alla fine di una festa – il momento più brutto è quello dei saluti sbrigativi dopo l’ultima birra – e non so ancora se la smetterò o se smetterò con le Sostanze o con l’invisibile agonia della Cosa che gli uomini chiamano depressione psicotica o clinica o semplicemente melanconia. Il Grande Squalo Bianco del Dolore. So appena di camminare su un marciapiede pieno di porte girevoli che, a seconda del numero di rotazioni, danno su ciò che di me è ancora intero o su ciò che mi manca, sulla mia bellezza
o sulla mia menomazione, sulla follia e sulla sorveglianza, su cosa resta segreto e su cosa è evidente, sulla coda di uno scherzo e sul principio della serietà. Ma forse niente è andato per davvero così e questa non è che la forma contorta della mia tristezza.



Scrivi il nome dell'autore del personaggio: